on the road
lunedì 30 giugno 2008
Ettore

Decise che ne aveva abbastanza, che la vita aveva davvero passato il limite sta volta.

La puzza di nicotina lo accolse di fronte al volante, meccanicamente il dito andò sul tasto dello stereo e il giro di basso della canzone dell’immigrante strillò nell’abitacolo, accompagnando i minuti di traffico nell’arteria cittadina.

“Cazzo una volta che alla radio passano qualcosa di buono” pensò.

Proprio oggi.

Accese la marlboro e fu subito veleno azzurro attorno a lui.

Senza pensare a nulla in particolare prese via Roma, svolta a sinistra su via Pascoli bruciando il rosso mentre i palazzi si accodavano dietro la sua marmitta lasciando il posto a case basse e appezzamenti ancora non edificati.

Le sterpaglie e i rovi all’argine della strada ricordavano con spinosa regolarità a questo paesone di provincia con velleità da città quanto fosse agricolo il suo passato e quanto ancora legato alla terra fosse il suo futuro.

Una voce interruppe l’idillo musicale e lui si ritrovò avvolto di nuovo nella sua mente.

Abbordò il ponte della superstrada e diede gas.

Il motore aumentò i giri, gridando la sua voglia di una visita da uno specialista bravo, e allungò la lista di favori fatti, stava quasi per presentare il conto.

Si tuffò nella quattro corsie,poco traffico a quell’ora.

Sudava, e la miscela di secrezioni endocrine miste a profumo creava un’aroma acre, forte e disturbante.

Altra sigaretta, per farsi coraggio.

Ancora boccate lunghe e sfiati rumorosi.

Arrivò al casello prese il tagliando e rise. Non aveva soldi con se.

Non avrebbe potuto pagare all’uscita, ma sapeva bene che non ci sarebbe stata uscita. La sua meta infatti era il ponte di Rocca Arsa, trentacinque metri di vuoto prima di vedere dove poggiasse il pilastro sul quale si srotolava la strada.

Fiore all’occhiello dell’italia anni ’50, quella che cresceva, un ponte che univa quei due colli che da tempo immemore si fissavano.

“L’accendino, dove cazzo sta l’accendino?”

Ancora tre chilometri, si chinò sbirciando il suolo con gli occhi delle mani, tastava sporco e briciole, setole ma nessun accendino.

Guardò per terra, sollevò il tappetino si alzò un proiettile delle dimensioni dell’organo riproduttivo di una piattola, scelse come obbiettivo proprio la sua iride,centrata in pieno,strike al tiro a segno delle probabilità.

lacrime cercavano di espellere l’intruso, poi il dorso della mano, strizzò gli occhi un secondo.

Un secondo di troppo, cominciò a strusciare il gard rail, pioggia di stelle piccole, travolse il triangolo che segnalava i lavori in corso e via dritto per un faccia a faccia contro la parte posteriore del camion del bitume.

Cranio aperto e fine delle sofferenze.